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Parlare da soli: follia? No, stimolo cognitivo

Parlare da soli non solo non è segno di follia, ma al contrario è uno strumento efficace e regala importanti benefici cognitivi: migliora le capacità di ricerca spaziale, favorisce l'autocontrollo e il decision making

Di Irene Giardini

Pubblicato il 06 Giu. 2018

Parlare da soli: Quante volte ci capita di osservare il nostro compagno, la nostra amica, nostra madre a “parlottare” tra sé e sé? Quante volte non ne capiamo il senso e ci chiediamo se dobbiamo preoccuparci e se questi sono i primi segni di un giorno di ordinaria follia, di “qualche rotella fuori posto”?

Poi finiscono con il parlare da soli.
Non c’è mica niente di male però non cominciare a risponderti figliolo.
Jack Kerouak

 

Parlare da soli ci aiuta a trovare le cose più in fretta

In uno studio pubblicato sul Quarterly Journal of Experimental Psychology, ci vengono dati gli elementi per arrivare a dire che parlare da soli non solo non è segno di follia, ma al contrario è uno strumento efficace e regala importanti benefici cognitivi. Infatti, questo bizzarro uso del linguaggio per fini apparentemente non comunicativi, sembra avere un preciso ruolo di stimolo per alcune funzioni cognitive.

Gli autori, gli psicologi Gary Lupyan (Università del Wisconsin) e Daniel Swingley (Università della Pennsylvania), hanno condotto una serie di esperimenti per scoprire se parlare da soli sia d’aiuto nella ricerca di oggetti particolari. Questa ricerca trova spunto nell’immaginario comune, per cui spesso, quando perdiamo qualcosa o quando stiamo cercando, ad esempio, le chiavi della macchina prima di uscire, siamo soliti parlare da soli, quasi a richiamare l’oggetto stesso: “Il cellulare, dove avrò messo il cellulare?”.

Pronunciare il nome dell’oggetto cercato oltre ad esprimere una richiesta d’aiuto per le persone che abbiamo vicino, ci aiuta anche a focalizzare l’attenzione sull’oggetto stesso.

In un primo esperimento, i partecipanti sono stati divisi in due gruppi: dopo che era stata mostrata ad entrambi una serie di immagini di oggetti, ad un gruppo era stata data la consegna di cercare un oggetto target (cercate la teiera), mentre al secondo gruppo era stata data la consegna di nominare a voce alta gli oggetti mentre li cercavano. Dai risultati è emerso che gli appartenenti al secondo gruppo trovavano gli oggetti molto più rapidamente. In un secondo esperimento, è stata invece simulata la spesa al supermercato, ed anche in questo caso le persone a cui era stato chiesto di nominare a voce altra l’oggetto sono risultate essere più veloci ed efficaci nella ricerca degli alimenti.

Dai risultati della ricerca si evince che: “Ripetendo il nome dell’oggetto cercato, è come se stimolassimo il cervello a focalizzarsi meglio sulla ricerca”; “Troviamo le cose più rapidamente, parlando. Soprattutto quando c’è una forte e diretta associazione tra il nome e l’obiettivo“. Questo studio va nella direzione del non considerare il linguaggio soltanto come uno strumento per comunicare con i propri simili, ma anche come un modo per influenzare i propri processi cognitivi:

«Questo nostro lavoro è il primo che esamina gli effetti del parlare da soli rispetto a un compito visuale relativamente semplice, e si aggiunge alla letteratura esistente che mostra come il linguaggio abbia una serie di funzioni extracomunicative e, in certe condizioni, possa arrivare a modulare i processi visivi».

Parlare da soli favorisce l’autocontrollo e aiuta nel prendere decisioni

Un altro studio sull’abitudine di parlare da soli condotto dagli Psicologi della Toronto University, al termine di una serie di test su volontari, ora pubblicati sulla rivista online Acta Psychologics, sono giunti alla conclusione che parlare da soli non solo non è da “matti”, ma al contrario fa bene, aiuta nei processi decisionali, aumenta l’autocontrollo e diminuisce i comportamenti impulsivi. In alcuni compiti sperimentali, ad alcuni soggetti veniva impedito di parlare con sé stessi; coloro che potevano parlare con sé stessi a voce alta hanno regolarmente ottenuto risultati migliori ai test.

«Ci siamo resi conto che la gente agisce in modo più impulsivo quando non può usare la propria voce interiore e dunque, in sostanza, parlare con sé stessa, mentre fa qualcosa», afferma il professor Michael Inzlicht, che ha diretto la ricerca. «Senza la possibilità di verbalizzare messaggi a sé stessi, i volontari esaminati nei nostri test non erano in grado di esercitare lo stesso ammontare di autocontrollo». Di fatto, giorno dopo giorno mandiamo continuamente dei messaggi a noi stessi con l’intenzione di aiutarci – accudirci, esaminarci, motivarci.

«Parlando con noi stessi ci diciamo, per esempio, che dobbiamo continuare a correre anche se siamo stanchi mentre facciamo jogging, oppure di smettere di mangiare anche se avremmo voglia di un’altra fetta di torta, o di trattenerci dal perdere le staffe nel pieno di una discussione. Talvolta questi messaggi esistono solo a livello di pensieri, restando silenziosi, altre volte vengono esplicitati, in una sorta di conversazione ad alta voce con noi stessi. Il nostro esperimento dimostra che questo dialogo interiore è comunque utile e molto diffuso, anche se non sempre la gente si rende conto di farlo». Sicché, la prossima volta che vediamo qualcuno parlare da solo, non diciamo che è un po’ matto. Anche perché la volta dopo potremmo essere noi a parlare da soli, senza accorgercene.

“E ‘ bello scrivere perché riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare a una folla.”

(Cesare Pavese, 4 maggio 1946)

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