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Ansia da Studio & Università: al di là di Decaloghi e Luoghi Comuni

Ansia da Studio e Problemi di rendimento all’università: superare pregiudizi e luoghi comuni per un aiuto concreto agli studenti.

Di Redazione

Pubblicato il 13 Giu. 2012

Aggiornato il 18 Giu. 2012 09:15

Dr Michele Rossi.

Ansia da Studio e Problemi di rendimento all’università: superare i pregiudizi per un aiuto concreto agli studenti.

Ansia da Studio & Università: al di là di Decaloghi e Luoghi Comuni. - Immagine: © auremar - Fotolia.comL’esperienza maturata supportando studenti universitari in crisi con le diverse fasi del ciclo di studi suggerisce che i problemi di rendimento non sempre sono causati dalla poca predisposizione o dall’assenza di voglia e motivazione, ma in molti casi si originano da veri e propri problemi psicologici, da affrontare in modo adeguato assieme ad un esperto.

Di sicuro ci sono casi in cui gli studenti semplicemente non hanno voglia o interesse: magari vogliono fare qualche anno di “dolce vita” a spese dei genitori oppure, al contrario, non hanno nessun desiderio di frequentare l’università e si sono iscritti solo per le pressioni ricevute dalla famiglia. Anche se nel senso comune queste spiegazioni sembrano spesso le più plausibili, molti studenti dallo scarso rendimento sono invece fortemente motivati. Sarebbero disposti a studiare duramente in cambio di voti anche modesti, ma fanno fatica a ottenere risultati e, progressivamente, iniziano ad evitare lo studio fino alla completa paralisi.

Disturbo Specifico dell'Apprendimento. Immagine: © Leah-Anne Thompson - Fotolia.com -
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Spesso questi studenti hanno reali problemi e andrebbero aiutati adeguatamente. Molto, troppo spesso, però questo non accade. La mia esperienza di psicologo scolastico e assistente universitario mi ha infatti permesso di osservare una curiosa caratteristica del nostro sistema scolastico: se uno studente delle scuole elementari o medie ha problemi di studio, molto spesso viene interpellato lo psicologo, dato che si sospetta la presenza di qualche problema psicologico alla base dello scarso rendimento. Al contrario, se uno studente universitario non riesce a rendere come dovrebbe, nella maggior parte dei casi viene subito “marchiato” come svogliato o troppo limitato per laurearsi. Questa è una visione miope che condanna molti studenti motivati al fallimento.

Quando qualcuno riesce ad andare oltre a questi giudizi semplicistici, la spiegazione più comune è che lo studente “studia male”, che non possiede un metodo adeguato ad affrontare i complessi studi universitari. Anche se questo a volte può essere vero, voglio mettere in guardia dai possibili problemi insiti nel ricercare soluzioni ai problemi di rendimento all’università solo nei famosi “decaloghi”, nelle liste di consigli che è possibile trovare in Internet.

Alcuni sono semplici articoli civetta, creati per catturare i lettori e indirizzarli verso i centri per il recupero scolastico. Altri sono seri tentativi di dare buoni consigli agli studenti. In ogni caso, il limite di questi lavori è sempre lo stesso: considerare i problemi metodologici la causa principale di tutti i problemi. In alcuni casi, in verità, è possibile trovare anche riferimenti a una generica ansia da studio e alcuni buoni consigli per superarla.

In effetti nelle crisi di rendimento universitario l’ansia c’è, praticamente sempre, ma in molti casi subentra in un secondo momento, come conseguenza di difficoltà originate da fattori molto diversi. Spesso i problemi che hanno causato le prime difficoltà sono infatti cosa molto diversa dalle complicazioni intervenute in seguito, creando situazioni complesse che gli studenti raramente riescono a razionalizzare e contrastare efficacemente.

Non imparo perché sono pigro o per dire qualcosa a mamma e papà? - Immagine: © olly - Fotolia.com -
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Il più delle volte i decaloghi contengono interessanti proposte di riflessione, come per esempio: chi soffre d’ansia da studio (o “da esame”) fa dipendere la sua autostima da un riconoscimento esteriore; ridimensionate l’importanza dell’esame; fatevi un programma di studio; studiate con altre persone… Per uno studente in cerca semplicemente di buoni consigli per migliorare l’efficienza forse queste liste possono essere fonte di ispirazione, ma immaginate che frustrazione possono provocare in uno studente che cerca di seguire da tempo queste buone pratiche senza ottenere risultati. Dopo aver provato e riprovato senza successo può arrivare ad una sola conclusione: “l’università non fa per me!”. La situazione non è molto diversa da un malato che prende continuamente aspirine, ma la febbre non cala mai: è logico che pensi di essere un malato cronico, quando il problema è invece l’infezione a monte e la cura sarebbe un antibiotico specifico. In questi casi, quindi, provare ad applicare le liste di buoni consigli può diventare decisamente controproducente.

Proviamo ora a fare un esempio pratico su un caso da me realmente trattato, per capire in che modo i problemi psicologici possono a volte compromettere il rendimento di studenti motivati:

Psicopedia - Immagine: © 2011-2012 State of Mind. Riproduzione riservata
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Un paziente si rivolge in consultazione e riferisce problemi di scarso rendimento all’università. Racconta di Iniziare a studiare gli esami con fiducia in momenti di particolare motivazione, ma dopo alcuni “periodi buoni” si stanca, non riesce più ad andare avanti. Tentativo dopo tentativo crescono i dubbi e le paure sull’avere le capacità necessarie a completare un percorso universitario. Iniziano a strutturarsi forme di evitamento, ansia in sede di esame (le poche volte che arriva a provarci) e molti altri fenomeni a base ansiosa.

La tentazione poteva essere quella di iniziare ad aiutarlo a vincere l’ansia da studio attraverso strategie comportamentali, le stesse contenute a volte nei vademecum di buoni consigli. L’analisi della storia di vita del paziente segnalava però che l’incostanza, l’oscillazione di voglia e motivazione, era presente da tempo e non riguardava solo lo studio. Inviato allo psichiatra di riferimento è stato rilevato un problema di instabilità dell’umore (a volte anche da un giorno con l’altro) oltre a periodi di lieve depressione. Il medico ha quindi prescritto farmaci adeguati, al fine di rendere il ragazzo meno soggetto alle oscillazioni e ai picchi negativi. A questo punto è risultato chiaro che azioni intraprendere a livello terapeutico: lo studente è stato reso consapevole del suo problema ed aiutato a gestire la residua variabilità di umore, comunque diminuita grazie dall’assunzione dei farmaci. Assieme a lui è stato ricostruito il percorso che, progressivamente, ha strutturato in lui l’ansia, al fine di eliminare la convinzione (ormai radicata) che i suoi problemi derivassero da insufficienti capacità. Solo in seguito, una volta chiariti questi aspetti, lo studente è stato aiutato con strategie comportamentali adeguate a superare i problemi causati dai suoi stati ansiosi nello studio e durante gli esami.

Musica didattica metacognitiva - © Tommi - Fotolia.com
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Al fine di evitare riduzionismi opposti a quelli contenuti dei decaloghi, bisogna anche dire che a volte i problemi all’università sono davvero originati in primo luogo da dinamiche di tipo ansioso. Anche in questi casi però è molto pericoloso provare a risolverli con la sola forza di volontà, o cercando di applicare le liste di buoni consigli. Non tutti capiscono davvero che l’ansia, oltre una certa soglia, è una vera e propria psicopatologia e come tale va affrontata assieme ad un esperto. Anche se non raggiunge livelli patologici, inoltre, non è sempre facile capire in che modo agisce e questo rende comunque consigliabile rivolgersi ad una persona competente.

Facciamo un’altro esempio pratico:

Una studentessa bloccata ai primi esami di giurisprudenza riferisce molta ansia da studio. Cerca di seguire il più possibile tutti i consigli che gli offrono e studia molto, ma in sede d’esame non riesce a ricordare ciò che ha studiato. Ad un’attenta analisi del suo metodo di studio emerge che la studentessa non ripete mai. Sa che le altre compagne ripetono a mente o addirittura ad alta voce, ma lei non riesce. Di sicuro è consapevole di non applicare una tecnica ritenuta da tutti valida, ma quando legge gli elenchi di buoni consigli questa pratica è solo una delle tante consigliate. Non sarà proprio tutta lì l’origine del problema? E invece sì. La studentessa provava forte ansia nel ripetere, perché al primo elemento non ricordato si attivavano forti pensieri negativi. Gli insuccessi derivanti da questa lacuna metodologica avevano poi generato una serie di errate convinzioni sulle sue capacità, strutturando progressivamente una complessa dinamica di evitamenti. Aiutata a comprendere la sua difficoltà iniziale e le varie conseguenze sulla sue “percezione di efficacia”, la sua resa universitaria è progressivamente migliorata.

In conclusione voglio semplicemente ribadire il concetto centrale di questo articolo: dietro ai problemi universitari ci sono spesso veri e propri problemi psicologici: prima di “marchiare” uno studente in difficoltà come demotivato, svogliato o troppo limitato per il compito che ha davanti, è consigliabile verificare che siano davvero queste le cause dell’insuccesso.  

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