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Psicoterapia: Il DSM 5, i clinici di campagna e i Disturbi di Personalita’

Antonio Semerari. Gli statistici per garantire la coerenza interna dei criteri hanno forzato i disturbi di personalita facendone caricature.

Di Redazione

Pubblicato il 11 Apr. 2012

Aggiornato il 13 Mag. 2013 16:36

Pubblichiamo con piacere un contributo di Antonio Semerari sul problema della diagnosi dei disturbi di personalità tra DSM-IV e DSM-5

ContadiniHo un grande rispetto per gli statistici, sostegno prezioso e misterioso delle nostre modeste ricerche, e provo anche una sorta di reverenziale soggezione nei loro confronti.Ma a volte esagerano! E combinano guai se non vengono tenuti al loro posto da noi rudi clinici di campagna.

Il primo guaio l’avevano combinato con le categorie dei disturbi di personalita’ del DSM-IV. Per garantirsi la coerenza interna dei criteri hanno forzato molti disturbi descrivendoli in base ad un solo criterio ripetuto più volte.

Così il paranoide sospetta e basta, ma sospetta in sei contesti diversi che corrispondono ai vari criteri. L’evitante si sente inadeguato e teme il giudizio per sei volte in diverse circostanze. Il risultato è stato di offrirci caricature. Ma loro non si sono preoccupati di questo. Si sono preoccupati del fatto che, così facendo si ritrovavano per le mani un risultato inaccettabile dal punto di vista statistico. Le sovrapposizioni delle diagnosi. Se un borderline è sospettoso o teme il giudizio ecco che diventa anche paranoide o evitante.

Otto Kernberg, Lectio Magistralis Milano-Bicocca, Narcissistic personality disorder, towards DSM-5 - Lectio Magistralis by Otto Kernberg and Frank Yeoman (2) - Immagine: © 2012 State of Mind - Anteprima
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Che male c’è se diverse malattie condividono alcuni sintomi? Si chiede il clinico di campagna. Nessuno. Gli edemi, ad esempio, sono presenti in disturbi molti diversi. Ma noi, con la nostra rozza praticaccia, sappiamo ben fare una diagnosi differenziale. Ma non è stata la strada della ricerca dei criteri differenziali quella intrapresa. C’era bella è pronta una teoria accademica della personalità che si presta molto a procedure di validazione statistica. Qualcosa di adattissimo ai questionari.

La teoria dei tratti, si chiama. Studia le dimensioni, il più e il meno, il troppo e il poco del nostro stile comportamentale. Ed è nata proprio dai questionari. Che c’è di meglio per far tornare i conti? Che poi il concetto di tratto sorvoli su quello che pensa e prova un paziente e che non è affatto dimostrato che abbiano rilevanza clinica e potere discriminativo è cosa secondaria. I conti torneranno. Non avremo sovrapposizioni diagnostiche e nemmeno mancherà la coerenza interna. Peccato che la diagnosi richiederà un numero strabiliante di tratti e di crocette da mettere. Poco male. Alla fine nessuno, tranne qualche Pierino primo della classe la userà.

 

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