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Neuroscienze: Mind Wandering. Perchè la nostra mente vagabonda?

Mind Wandering: perchè le persone generano costantemente pensieri e immagini che il più delle volte sono slegati dal contesto circostante?

Di Camilla Marzocchi

Pubblicato il 28 Mar. 2012

 

Sognare ad occhi aperti la nostra prossima vacanza, immaginare la cena che ci aspetta mentre viaggiamo in treno verso casa, perderci in pensieri mentre scorriamo le pagine di un libro senza capire quello che leggiamo, visualizzare un’immagine di noi mentre compiamo un gesto eroico o mentre litighiamo finalmente con un collega che ci ha stancato da giorni…

Mind Wandering. - Immagine: © auremar - Fotolia.com Gli esseri umani generano costantemente pensieri e immagini che il più delle volte non sono legati alle circostanze in cui si trovano e malgrado l’elevata frequenza con cui la fantasia spicca il volo, capita spesso di sorprendersi quando ci si accorge di aver trascorso gli ultimi minuti o secondi immersi in pensieri lontani dalla realtà e senza essercene accorti!

Questo strano e tuttavia frequentissimo fenomeno è da tempo oggetto di studio da parte di molti ricercatori che si occupano di approfondire i meccanismi attraverso i quali la coscienza umana trova forma ed espressione ed è noto come mind wandering (mente vagabonda).

Ma a cosa ci serve? Perché tutti siamo ciclicamente rapiti da pensieri che ci distolgono dalla realtà? Perché la nostra coscienza appare per qualche istante alterata?

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Le neuroscienze hanno dato negli ultimi anni un valido contributo alla comprensione dei meccanismi neurali coinvolti nel mind wandering, tale da aver individuato una rete neurale legata a questa attività di pensiero: il Default Mode Network (DMN). Questa rete neurale comprende la corteccia prefrontale mediale, la corteccia cingolata posteriore e le cortecce infero-parietale e temporale. Rispetto ad altre aree corticali, il DMN ha un particolare pattern di attivazione: l’attività corticale di questo network tende a ridursi significativamente durante compiti cognitivi, mentre aumenta i suoi livelli di attività quando il cervello è a riposo (Raichle et al., 2001). Questo ha permesso di identificare la rete del DMN come separata dalle altre, sia dal punto di vista funzionale che strutturale.

Vista la frequenza e l’intensità con cui il nostro cervello si impegna in un’attività apparentemente inutile e potenzialmente dannosa per le nostre performance, vale la pena approfondire alcune tra le principali funzioni attribuite in letteratura al Mind Wandering:

 

1) Programmare il futuro: una significativa quantità di tempo trascorso a “divagare” è dedicato ad eventi futuri. Questo processo mentale aumenta nei periodi di più intensa riflessività ed è ridotto quando siamo tristi; inoltre, molte delle strutture corticali dedicate alle capacità di progettazione del futuro sono implicate anche nel wandering. Forse quindi una delle funzioni primarie della “mente vagabonda” è di generare previsioni sulla propria vita necessarie a navigare con successo nel mondo reale.

2) Accrescere la Creatività: ci sono infiniti aneddoti di idee illuminanti giunte improvvisamente alla mente di un individuo proprio durante episodi di wandering. Sebbene molte ricerche siano ancora in corso sull’argomento, alcuni ricercatori sostengono l’ipotesi che fantasticare contribuisca ad allungare i tempi di “incubazione” delle idee e a favorire la costruzione di soluzioni più creative.

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3) Attenzione più fluida: per un individuo abituato a perseguire diversi obiettivi nello stesso momento, l’abilità di passare attraverso “flussi di informazioni” diverse può essere adattiva. Il wandering potrebbe essere dunque un’estensione della tendenza, basilare per tutti gli animali, di far fluttuare continuamente l’attenzione tra bisogni e obiettivi tra loro diversi e talora in contrasto, ma entrambi fondamentali per la sopravvivenza.

4)Refresh” della mente: alcune linee di ricerca indicano che i processi di apprendimento siano favoriti da una pratica diluita nel tempo, piuttosto che da un uno massiccio e continuo dispendio di energie. Uno dei possibili vantaggi del wandering, potrebbe dunque essere che lasciare la mente libera di “vagare” per qualche attimo durante un compito in corso permette alla mente di operare un “refresh” e di recuperare le capacità necessarie per dedicarsi al compito in corso.

Qualunque sia la sua funzione, il mind wandering sembra essere un meccanismo involontario e automatico, difficile da intercettare quando avviene, ma facile da riconoscere solo una volta accaduto. E’ affascinante l’idea che i momenti in cui “perdiamo il filo” e ci assentiamo, possano essere proprio quelli in cui la mente vaga per recuperare energie e informazioni utili per andare avanti nel suo compito…

 

BIBLIOGRAFIA: 

  • Raichle, M.E. et al. (2001) A default mode of brain function. Proceeding of the natural academy of science U.S.A. 98, 676–682.
  • Schooler, J. W., Smallwood J., Christoff, K., Handy, T.C., Reichle, E.D. and Sayette, M.A. (2011) Meta-awareness, perceptual decoupling and the wandering mind. Trends in Cognitive Sciences , Vol. 15, No. 7. 
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