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Memorie Traumatiche e Ruminazione

Ruminazione: pensare in modo ripetitivo astratto, giudicante e focalizzato sui “perché” è dannoso per il recupero da un evento traumatico.

Di Andrea Bassanini

Pubblicato il 20 Mar. 2012

 

Memorie Traumatiche e Ruminazione. - Immagine: © PZDesigns - Fotolia.com - In un articolo recente, le diverse forme di ruminazione sono state indagate nei pensieri intrusivi conseguenti a esperienze traumatiche (Santa Maria et al, 2012). In accordo con la teoria di Watkins (2008, dedicata particolarmente alla ruminazione nei pazienti depressi…) sembra che Santa Maria e i colleghi della University of Amsterdam abbiamo mostrato come ruminare in modo astratto sulle memorie traumatiche prolunga i sintomi post-traumatici e mantiene “attivi” i pensieri legati all’esperienza traumatica.

Sembra, infatti, che sia proprio la modalità con cui le persone ripensano ripetitivamente alle proprie esperienze traumatiche (e non il fatto stesso di farlo) ad essere critica nel mantenimento dei sintomi post-traumatici e al loro prolungamento nel tempo.

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Così come avevamo già scritto su State of Mind (Come o Perchè? E il Pensiero Depressivo) per la depressione, anche con le persone che presentano sintomi post-traumatici una modalità di tipo concreto-esperienziale sembra aiutarle a “lasciar andare” le memorie traumatiche.

La ricerca prevede che i partecipanti ripensino a una propria esperienza negativa e di selezionare un “momento bersaglio”, che deve rappresentare il momento di maggior distress. Viene quindi chiesto loro di chiudere gli occhi e di immaginare, nel modo più vivido possibile per trenta secondi, il momento scelto lasciando “emergere” le immagini e le emozioni così come vengono, senza sforzarsi nella loro soppressione. Questo “momento bersaglio” viene scelto come trigger intrusivo (cioè come “grilletto” attivante i pensieri intrusivi) e attivante le memorie traumatiche.

Una volta scelto l’evento trigger, viene ripetuto il compito. In seguito, viene chiesto ai partecipanti di scrivere un breve resoconto della propria esperienza negativa. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi, ad alcuni di loro è stato chiesto di scrivere il resoconto in modo concreto-esperienziale e ad altri di scriverlo in modo astratto-valutativo. Ad entrambi i gruppi sono state presentate delle domande preliminari volta a indurre uno stile di pensiero o l’altro (nella forma nota dei HOW e dei WHY ). In conclusione, viene svolto di nuovo l’esperimento immaginativo iniziale.

I risultati? In breve, la modalità di pensiero ripetitivo astratta (che corrisponde alla modalità WHY) ha portato a una maggior persistenza delle memorie intrusive, e tale maggior persistenza permane anche a 36 ore dopo la conclusione dell’esperimento. E pensiamo che l’esercizio immaginativo è durato 30 secondi! I ricercatori hanno, inoltre, rilevato livelli di distress moderatamente alti, nella maggior parte dei partecipanti; infine, le emozioni e le immagini elicitate dell’esercizio immaginativo iniziale ha avuto un impatto sullo stato emotivo dei partecipanti, più marcato nel gruppo “astratto”/WHY.

Sembra davvero che pensare in modo ripetitivo astratto, giudicante e focalizzato sui “perché” sia dannoso per tante persone con difficoltà e sofferenze diverse…

 

 

BIBLIOGRAFIA: 

  • Santa Maria, A., Reichert, F., Hummel, S.B. & Ehring, T. (2012). Effects of rumination on intrusive memories: Does processing mode matter?. Journal of Behavioral Therapy & Experimental Psychiatry. 43. 901-909.
  • Watkins, E. (2008). Constructive and unconstructive repetitive thought. Psychological Bulletin. 134. 163-206.
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Andrea Bassanini
Andrea Bassanini

Psicologo - Spec. in Psicoterapia Cognitiva e Cognitivo-Comportamentale

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