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Memoria di Lavoro: Per quanto pensi di restare concentrato su quel che stai leggendo?

Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Psychological Science questo dipende dalla quantità di memoria di lavoro necessaria.

Di Serena Mancioppi

Pubblicato il 21 Mar. 2012

Aggiornato il 28 Mar. 2012 12:09

– Rassegna Stampa – 

Rassegna Stampa - State of Mind - Il Giornale delle Scienze PsicologichePensi di riuscire a rimanere concentrato su questo post per i prossimi 60 secondi?  

Secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Psychological Science questo dipende dalla quantità di memoria di lavoro che ti è necessaria.

La memoria di lavoro è la nostra capacità di trattenere le informazioni per un breve periodo di tempo, diversi studi dimostrano che varia da persona a persona, cambia nel corso della vita ed è correlata a differenze individuali nelle abilità intellettuali; ora uno studio dimostra che la capacità della nostra memoria di lavoro è direttamente correlata alla frequenza con la quale la nostra mente vagabonda.

I ricercatori, Daniel Levinson e Richard Davidson della University of Wisconsin–Madison e Jonathan Smallwood del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences hanno chiesto ai partecipanti all’esperimento di premere un pulsante quando vedevano una lettera apparire sullo schermo del computer; il compito era costruito in modo da non impegnare mai tutta l’attenzione dei partecipanti, ai quali periodicamente durante lo svolgimento del compito veniva anche chiesto se erano attivamente concentrarsi sul compito o se invece stavano pensando a qualcos’altro. I ricercatori hanno anche misurato la capacità di memoria di lavoro di ogni soggetto, testando la sua capacità di ricordare una serie di lettere intervallate da problemi di matematica di base.

I risultati indicano chiaramente che i soggetti con una maggiore capacità di memoria di lavoro riferivano anche di essersi distratti più frequentemente durante lo svolgimento del compito; questo dato suggerisce che la memoria di lavoro può effettivamente consentire pensieri “fuori tema” senza che lo svolgimento del compito ne risenta, sembra infatti che quando il compito è semplice chi dispone di ulteriori risorse all’interno della memoria di lavoro le utilizzi per pensare ad altro; mentre quando il compito è semplice ma affollato di distrattori sensoriali il legame tra memoria di lavoro e la tendenza a vagare con la mente scompare; e anche quando il compito si fa più complesso gli stessi soggetti che precedentemente tendevano a vagabondare con la mente si mostrano maggiormente concentrati.

Questo significa che la memoria di lavoro lavora sempre al massimo della sua capacità e che se non viene del tutto impegnata in un compito si mette a vagabondare impegnandosi in temi secondari, facendoci così correre il rischio di perdere di vista l’obiettivo principale. Levinson sta ora studiando come l’allenare l’attenzione per aumentare la memoria di lavoro influenzerà la tendenza della mente a vagabondare, “il vagabondare della mente ha un costo perchè impegna delle risorse, si tratta di decidere come impegnare queste risorse e indirizzarle”.

 

 

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Serena Mancioppi
Serena Mancioppi

Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Cognitivo-Evoluzionista

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