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Gioco d’Azzardo Patologico: la Dipendenza Invisibile.

Da dipendenza da gioco d'azzardo può nascere facilmente al monitor del videopoker, con il Lotto, con la patina argentea del Gratta e Vinci.

Di Simona Meroni

Pubblicato il 05 Mar. 2012

Aggiornato il 23 Lug. 2018 10:25

Simona Meroni.

Gioco d'Azzardo Patologico, la dipendenza invisibile. - Immagine: © Robbic - Fotolia.com In un recente articolo apparso sul Corriere della Sera (“L’appello al Casinò dei malati di gioco: non fateci entrare”) si racconta in breve l’iniziativa del Casinò di Sanremo di mettere a disposizione dei giocatori un modulo prestampato che, debitamente firmato, vieta loro l’ingresso.

Il Casinò ha firmato con il Comune un protocollo di intesa per imporre a chi chiede l’autosospensione una pausa minima di 90 giorni, per evitare – si deduce – che “i pentiti” possano contro firmare una dichiarazione che annulla la validità della loro richiesta di aiuto.

I giocatori d’azzardo compulsivi sembrano un campione variegato, per età, sesso e condizione sociale. E’ importante, infatti, non perdere di vista i giocatori che esulano dall’immaginario del Casinò: la dipendenza da gioco, infatti, può nascere non solo ai tavoli verdi, ma anche – e forse soprattutto – al monitor del videopoker, con i numeri del Lotto, con la patina argentea del Gratta e Vinci.

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Il gioco d’azzardo, infatti, offre una speranza di guadagno immediato, che può essere avvertita come una ‘soluzione-scorciatoia’ alla crisi economica. La dipendenza da gioco (gambling, o GAP – Gioco d’azzardo patologico) costringe a riflettere su quanto a volte sia difficile discriminare tra un comportamento autenticamente ludico, un leggero disturbo e un comportamento francamente patologico. Tra questi tre atteggiamenti, infatti, il confine è molto labile e a volte confuso da norme sociali e comportamentali.

Il DSM IV TR (American Psychiatric Association, 2000) include la dipendenza da gioco tra i Disturbi del Controllo degli Impulsi Non Classificati Altrove, cioè non riconducibili al quadro clinico di altri disturbi, insieme alla piromania, alla cleptomania, al disturbo esplosivo intermittente, alla tricotillomania (torcersi e strapparsi i capelli) e al disturbo del controllo degli impulsi Non Altrimenti Specificato. La caratteristica fondamentale che accomuna tali disturbi è l’incapacità a resistere ad un impulso o ad un desiderio impellente: il soggetto prova una tensione o un eccitamento crescente prima di compiere l’azione e prova gratificazione o sollievo nel momento in cui la compie; in seguito possono o meno essere presenti rimorsi e sensi di colpa.

Per il DSM IV , dunque, la dipendenza da gioco è un comportamento maladattativo persistente e ricorrente, che interferisce con la situazione economica e relazionale della persona che ne soffre, e con caratteristiche simili a quelle delle dipendenze da sostanze. Tra i sintomi possiamo trovare: coinvolgimento eccessivo nell’attività, necessità di giocare quantità sempre maggiori di denaro per raggiungere l’eccitazione desiderata, insuccesso nei tentativi di interrompere il comportamento, irrequietezza e irritabilità provocate dal tentativo di interrompere l’abitudine e compromissione di importanti attività sociali o lavorative.

I giochi che provocano dipendenza possono essere classificati secondo diverse categorie, la più semplice li vede suddivisi tra:

1) giochi dalla vincita immediata (es.: gratta e vinci, slot machine, videopoker, bingo)

2) giochi che prevedono un più prolungato tempo d’attesa (es.: lotterie, poker, scacchi, totocalcio).

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I giochi a riscossione immediata sembrano essere a maggiore rischio di addiction a causa della sensazione di eccitazione immediata, che spinge il giocatore a volerla sperimentare nuovamente subito dopo. In modo analogo appaiono fortemente “a rischio” i giochi in cui prevale il fattore fortuna, nei quali i giocatori inseguono la vincita spinti dal convincimento magico che prima o poi la “fortuna girerà”. Secondo la Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive (SII.Pa.C.), infatti, tra i giochi che provocano dipendenza, il 51% è costituito dai videopoker, seguiti dalle scommesse sui cavalli, dal Lotto, dal SuperEnalotto e dai Casinò.

Con l’avvento di Internet il gioco d’azzardo sembra aver subito un’impennata: secondo i dati della Committee on Treatment Services for Addicted Patients dell’American Psychiatric Association, nel 1997 circa 6,9 milioni di persone erano potenziali internet gamblers (giocatori compulsivi), un anno dopo erano 14,5 milioni e i siti dedicati al gioco d’azzardo erano oltre 1300.

Le ragioni del fenomeno possono essere diverse: Internet consente l’anonimato; può essere nascosto agli occhi dei familiari; è sottratto ai limiti temporali e spaziali. Inoltre l’utilizzo della carta di credito consente di giocare ingenti somme di denaro senza averne piena consapevolezza.

Analizzando più da vicino le diverse forme di gioco che possono suscitare dipendenza, si potrebbe trovare un nocciolo comune.

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Come sostiene Riccardo Zerbetto: “E’ l’attitudine nei confronti del rischio l’anima dei comportamenti osservabili nelle diverse forme del gioco d’azzardo”. La maggior parte di questi giochi, infatti, pongono il Soggetto davanti ad una decisione da prendere in pochi istanti, consentendo così di sperimentare un attimo di incertezza in cui ci si può giocare il tutto e per tutto.

Questa “teoria del brivido decisionale” -se così può essere chiamata- rende ragione anche del collegamento che viene spesso fatto tra GAP e tossicodipendenza. I due tipi di disturbo, infatti, hanno molti punti in comune, a partire dai criteri diagnostici (pressoché identici, se si esclude il rincorrere la perdita e il rischio di dissesto finanziario, caratteristici del GAP ma non del tutto estranei alla tossicomania), ma soprattutto sono accomunati dalla ricerca di una sostanza (o condizione) che possa produrre un eccitamento.

Sempre secondo Zerbetto, infatti, uno dei fattori che accomuna il GAP alla tossicomania è “il bisogno di indurre uno stato di attivazione” per far fronte a frequenti vissuti di noia o depressione.

Il trattamento, ma soprattutto l’identificazione dei dipendenti da gioco d’azzardo, è un discorso articolato e complesso, che chiama in causa fattori biologici, psicologici ma anche – e soprattutto – sociali.

Come scritto in apertura, i giocatori patologici spesso passano inosservati, per svariate ragioni. Molto spesso, infatti, il gioco gode di rispetto sociale (non dimentichiamoci che buona parte dei Giochi sono Monopolio di Stato), visibilità (quanti giochi a premi sono fioriti in questi ultimi anni?), può essere mascherato da un rito (ad esempio, il poker del Mercoledì sera, tanto caro a film e telefilm), oppure non visto perché non ci sono occhi in grado di vedere (la solitudine degli anziani nei bar, ad esempio).

L’iniziativa del Casinò di Sanremo, dunque, supportato dalla Cooperativa Sociale L’Ancora, è sicuramente lodevole, e forse può rappresentare un passo avanti nell’accoglienza e nella “cura” di un disagio che risulta eclatante solo quando supera il limite.

 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Bergler E. (1957), tr. it., Psicologia del giocatore, New Compton, 1970
  • Zerbetto R (2001, a), Dall’intervento terapeutico a una politica di gioco responsabile. Da Lavanco, Psicologia del gioco d’azzardo, McGraw-Hill
  • Zuckerman M. (1994), Behavioural expressions and biosocial bases of sensation seeking, Cambridge University Press.
  • Dellacasa E. (2012). L’ appello al Casinò dei malati di gioco «Non fateci entrare». Il Corriere della Sera, 6 febbraio 2012.
  • La Fenice, terapie riabilitative: http://www.lafeniceaddictions.it/
  • Società Italiana di Intervento sulle Patologie Compulsive: http://www.siipac.it/
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