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Psicologia delle Favole: Intermezzo con Attenti al Lupo (Lucio Dalla)

Attenti al Lupo mantiene quel chè di minaccioso che è delle favole. Questo sapore perturbante è immerso nel miele di un racconto per bambini

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 20 Mar. 2012

 

Psicologia delle Favole: intermezzo con Attenti al Lupo (Lucio Dalla). - Immagine: © Olga Drozdova - Fotolia.com Per molti appassionati di Lucio Dalla Attenti al Lupo è stato un infortunio facile e commerciale. Su di me, reduce da altri snobismi musicali (troppa musica nera), questa schizzinosità forse fa meno presa. È vero che ascoltando questa canzone qualche dubbio può venire alla mente. È vero che quel ritmo dance sul battere senza troppe oscillazioni ritmiche può essere troppo facile (e però com’è rilassato e leggero: non ha la sincope epilettica del rock, ma forse ha qualcosa della leggerezza dondolante dello swing). È vero che quel testo di lupi e bambini nel bosco sembra infantile. È vero che quell’armonia in modo maggiore che si limita a trascolorare ben poco audacemente nel corrispettivo minore e poco più non ha nulla d’inaspettato: modula con la prevedibilità di un tram che arriva in orario.

Oppure no?

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Non ne sono sicuro. Quell’intristirsi dell’armonia al minore quando Dalla canta “con due occhi grandi per guardare” e poi “con dentro un sogno da realizzare” ha una dolce malinconia che m’incanta. E poi la storia cantata da Dalla mantiene quel qualcosa di minaccioso che è delle favole. E questo sapore perturbante è immerso nel miele di un racconto per bambini.

E infine, qualche verso più in la, il raddrizzarsi quietamente della melodia sopra l’eccesso di zucchero sparso fino a quel momento quando Dalla canta con tono più deciso: “amore mio non devi stare in pena / questa vita è una catena / qualche volta fa un po’ male”. E anche l’armonia si fa più (lievemente) audace, con una modulazione fino al più armonicamente lontano -ma non lontanissimo- la maggiore che declina ancora in una nuova malinconia in re minore.

La canzone “Attenti al Lupo” è consapevolmente una filastrocca infantile.

E, come in tutte le canzoni e le favole per i bambini, in essa serpeggia una minaccia. Come ci ha spiegato lo psicoanalista Bruno Bettelheim, grande studioso delle fiabe, in questi racconti il bambino incontra i grandi problemi umani (il bisogno di essere amati, la sensazione di essere inadeguati, l’angoscia della separazione, la paura della morte e così via) ma la fragilità infantile li tinge di un colore terrifico.

In Lucio Dalla, però la minaccia della favola è illuminata da un sole italiano disteso sulla campagna emiliana. Lucio Dalla non è Mahler, che fa scricchiolare nelle sue filastrocche un orrore sinistro e terrificante di agnelli portati al macello. Nella canzone di Dalla risuona semmai l’affanno e la fatica del vivere in una civiltà umana (“questa vita è una catena / qualche volta fa un po’ male”).

La natura è stata domata fin dal tempo dei romani lungo la via Emilia, ma la fatica rimane.

 

 

BIBLIOGRAFIA:  

  • Bettelheim, B. Il mondo incantato: uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe (tr. it. Andrea D’Anna, The Uses of Enchantment: The Meaning and Importance of Fairy Tales, 1976), Feltrinelli, Milano 1977.

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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