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Da Freud ai Neuroni Specchio: Schizofrenia e social perception.

Neuroni Specchio e Schizofrenia: studiate le basi neurali dell'incapacità di distinguere tra sè e l'altro.

Di Irene Giardini

Pubblicato il 13 Feb. 2012

Aggiornato il 26 Mag. 2014 17:20

 

Cervello, Neuroni Specchio. - Immagine: © V. Yakobchuk - Fotolia.com - P. G. Northoff, dell’Istitute of Mental Health Research dell’Università di Ottawa, sottolinea l’importanza, sia per la pratica clinica e l’impostazione del progetto terapeutico dei pazienti schizofrenici sia per la comprensione sempre più accurata del funzionamento del cervello umano, di una recente ricerca italiana:

“Questa ricerca mostra come i pazienti schizofrenici perdano il contatto con la realtà in quanto incapaci di integrare il loro sé con quello degli altri e quindi con l’ambiente sociale”, e ancora “ Questo lavoro studia una dimensione di base della nostra esperienza e della nostra coscienza, cioè l’abilità preverbale di integrare vari stimoli sensoriali al proprio sé e dimostra che i pazienti schizofrenici presentano attivazioni alterate della corteccia premotoria.”

Punto centrale dello studio è stato, dunque, l’evidenziare le basi neurali dell’incapacità di stabilire un confine tra sé e l’altro, tratto, per altro, peculiare nei pazienti schizofrenici.

Scendendo nei particolari dello studio, i ricercatori guidati da Vittorio Gallese, professore di fisiologia al Dipartimento di Neuroscienze all’Università di Parma, hanno utilizzato la tecnica del fMRI per osservare nei pazienti schizofrenici le risposte cerebrali a situazioni sociali, in particolare relative all’osservazione di sensazioni corporee esperite da altri. Il campione di questo primo studio era formato da un gruppo di 22 soggetti di controllo e 24 pazienti in una fase di esordio psicotico. Ai soggetti veniva fatto vedere un video dove una mano veniva a volte toccata, altre accarezzata, altre ancora schiaffeggiata da un’altra. Dalla risonanza si è potuto vedere che l’area della corteccia premotoria si attivava molto meno nei pazienti schizofrenici che nei controlli, e che l’attivazione era inversamente proporzionale alla gravità dei sintomi della schizofrenia, in particolare rispetto alla percezione del sé. Inoltre, l’insula posteriore che nei soggetti di controllo si “spegne” davanti all’esperienza tattile altrui, nei soggetti schizofrenici rimane attiva.

Gallese sottolinea come i risultati di questo studio abbiano per base il modello dei neuroni specchio (cellule nervose che si attivano sia quando si osserva una persona fare una azione, sia facendola in prima persona); infatti, traslando il concetto, possiamo pensare che basti vedere un’emozione su un viso o osservare la mano di un altro essere sfiorata per attivare nel nostro cervello una sensazione – e relativa attivazione- corrispondente. Detto questo, risulta evidente come questo modello debba essere preso in considerazione come ingrediente aggiuntivo per lo studio di tutte quelle patologie che hanno nell’intersoggettività un nodo cruciale.

Merito di questo studio è l’avere dato una chiave di lettura, mettendo in evidenza le basi neurali, di uno dei problemi nucleari della patologia schizofrenica: il non essere capaci di definire dei confini netti tra il sé e l’altro. D’altronde è forse vero che ogni nuova scoperta prende linfa dall’origine: infatti, già Freud aveva supposto che alla base del pensiero psicotico ci fosse un’alterazione nella distinzione tra me e un altro-da-me. Questa ricerca, di fatto, fornisce una nuova base scientifica a questa teoria, identificando i meccanismi cerebrali implicati.

Chissà che cosa avrebbe fatto Freud se avesse avuto a disposizione la risonanza magnetica funzionale…

 

 

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