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Cambiare la Psichiatria Pubblica

Operatori e utenti sembrano coinvolti in un rito collettivo e ripetitivo fatto di ambulatori, domiciliarità, ricoveri e attività riabilitativa che si automantiene, è ostile a qualsiasi valutazione di efficacia e cambiamento in nome della purezza del verbo della psichiatria territoriale che ha dato senso alla nostra giovinezza professionale.

Di Roberto Lorenzini

Pubblicato il 23 Feb. 2012

Aggiornato il 23 Mar. 2012 15:16

 

Cambiare la Psichiatria Pubblica. - Immagine: © Andres Rodriguez - Fotolia.comQueste riflessioni nascono da motivazioni personali e generali. Tra quelle personali più o meno inconsapevoli troviamo:

  • Il tentativo di arginare il senso di inutilità e vecchiezza che attanaglia ogni pensionato.
  • Una recrudescenza del narcisismo mai del tutto sconfitto potenziato da uno stagionale innalzamento del tono dell’umore;
  • L’idea che oltre a lamentarsi della situazione che stiamo vivendo ognuno può dare un piccolo contributo al cambiamento nel campo in cui è esperto.
  • Altre del tutto inconsapevoli che come tali non conosco e sulle quali sarebbe troppo costoso indagare.

Più interessanti quelle generali riassumibili in tre grandi categorie:

  • L’insoddisfazione degli utenti.
  • L’insoddisfazione degli operatori che da quando ho memoria lamentano una carenza di risorse ed in particolare di personale.
  • La progressiva riduzione delle risorse a disposizione per la sanità in generale e la psichiatria in particolare.

Da queste due simmetriche insoddisfazioni ne ricavo l’impressione che operatori e utenti siano coinvolti in un rito collettivo e ripetitivo fatto di ambulatori, domiciliarità, ricoveri e attività riabilitativa che si automantiene, è ostile a qualsiasi valutazione di efficacia e cambiamento in nome della purezza del verbo della psichiatria territoriale che ha dato senso alla nostra giovinezza professionale.

Ora due premesse:

Il Disturbo Narcisistico di Personalità secondo la Teoria di Kernberg. - Immagine: © marcodeepsub - Fotolia.com
Articolo consigliato: Il Disturbo Narcisistico di Personalità secondo la Teoria di Kernberg

1. I manicomi nascono con l’intento filantropico di curare amorevolmente gli alienati distinguendoli da altre categorie di emarginati e progressivamente diventano ciò che abbiamo conosciuto. Ad essi segue la rivoluzione kunhiana del paradigma che da ospedale centrico diventa territoriale con una forte ideologizzazione degli operatori impegnati nella liberazione degli utenti. Progressivamente anche i DSM divengono istituzioni totali che gestiscono completamente l’esistenza e i bisogni dei pazienti e sempre più attenti alle esigenze degli operatori piuttosto che degli utenti. Ho l’impressione che la maggior parte delle procedure consolidate dei DSM mantengano sé stesse e si siano progressivamente modellate sulle necessità dei lavoratori della salute mentale. Del resto spesso le istituzioni nascono su un movimento dello spirito e poi si ingessano in pesanti e oppressive strutture. La chiesa muove i primi passi leggera sulle rive del lago di Tiberiade e poi produce il vaticano e l’inquisizione. Ancor prima lo spirito della Thorà produsse le ferree regole del libro dei numeri. La rivoluzione di ottobre partorì i gulag. Mani pulite, Berlusconi.

2. La seconda premessa riguarda l’atteggiamento con cui leggere queste righe. Già a me nello scrivere venivano in mente mille obiezioni di casi concreti cui ciò che propongo è inapplicabile e spingerebbero a gettare tutto nel cestino e rifugiarsi nel già conosciuto e sperimentato che torna in mente come unica via praticabile con qualche aggiustamento. Immagino capiti ancor di più a voi ancora attivi nei DSM. Vi chiedo di accantonarle un istante. In verità una nuova prospettiva ha bisogno di crescere prima di essere sottoposta alla scure severa del falsificazionismo altrimenti si rischia una strage degli innocenti. Invito dunque il lettore a cogliere il senso generale della proposta e l’essenza del cambio di paradigma che propone rimandando a dopo le obiezioni che dovranno necessariamente generare degli aggiustamenti per renderla applicabile concretamente.

Tre sono i cardini su cui si fonda la proposta:

1. la centralità e l’assoluto protagonismo del paziente, ora cliente, che va inteso come colui che soffre (il malato e i suoi familiari) nella determinazione della propria cura e nell’investimento delle risorse a lui destinate.

2. La libera concorrenza tra gli erogatori delle cure che mira a migliorare la qualità e a ridurre i costi

3. Il ruolo del pubblico rivolto a stabilire degli standard irrinunciabili, a certificare l’idoneità e la qualità degli erogatori, a verificare la qualità delle prestazioni erogate.

Provo ora a descrivere sinteticamente il processo di cura:

  • Il paziente riceve una diagnosi multi assiale (psichiatrica, neuropsicologica, sociale) in un centro regionale di alta specializzazione (o negli SPDC, per valorizzare la “D” della sigla) dove, in base alla diagnosi gli viene assegnato un certo DRG vale a dire un budget di spese annue da investire per la sua cura e la riabilitazione.
  • Ricevuta l’assegnazione del budget la prima cosa che deve fare il cliente è la scelta dei case manager in un elenco regionale. I case manager in genere sono due per condividere le responsabilità e per una visione più complessiva. Il case manager deve avere una conoscenza approfondita della patologia in questione (sono dunque da immaginare case manager specializzati per aree problematiche) e dell’offerta terapeutica presente sul territorio regionale e nazionale.
  • A questo punto si costituisce il nucleo paziente – esperti – familiari (PEF) che rappresenta il cliente degli erogatori dei servizi. Il PEF predispone un piano biennale di interventi che viene sottoposto alla valutazione in termini di appropriatezza clinica e di costi da parte di una commissione regionale che ha anche lo scopo di favorire la circolazione delle idee e i progetti più innovativi. Tuttavia la decisionalità sulla spesa resta al PEF in quanto il titolare del budget è il paziente stesso.
  • Il PEF cliente acquista e usufruisce dei servizi dagli erogatori

Gli erogatori di servizi acquistabili con il budget assegnato non si limitano a quelli sanitari (anzi con il procedere della cura e della riabilitazione dovrebbero esserlo sempre meno) e sono dunque potenzialmente infiniti. A solo titolo di esempio ne elenco alcuni:

  • Erogatori di visite psichiatriche (psichiatri convenzionati con la ASL).
  • Erogatori di psicoterapie (psicoterapeuti convenzionati con la ASL).
  • Erogatori di assistenza domiciliare.
  • Erogatori di attività risocializzanti.
  • Erogatori di attività riabilitative.
  • Erogatori di periodi di ricovero.
  • Erogatori di sostegno all’housing.
  • Erogatori di formazione lavorativa.

 Al SSN resta affidato per legge il servizio di emergenza che non discostandosi dalle altre specialità mediche fa riferimento alla guardia medica ed al 118, integrato con competenze psichiatriche, e i SPDC ospedalieri.

E’ chiaro che una idea del genere non può riguardare un solo DSM ma l’intera assistenza psichiatrica nazionale

Un grazie personale a chi è arrivato in fondo.

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