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La violenza nel cinema secondo Michael Haneke

La violenza nel cinema e Michael Haneke, regista che ha legato il proprio nome a film come Funny games, Niente da nascondere e  La pianista”...

Di Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 06 Dic. 2011

Aggiornato il 25 Mag. 2016 12:57

Parlare di violenza nel cinema è un esercizio quantomai attuale; molte produzioni ricercano un impatto emotivo sullo spettatore attraverso il ricorso ripetuto a scene nelle quali predomina l’aggressività fisica dei protagonisti, l’energia distruttiva di forze che si contrappongono e sono spesso caratterizzate da segni valoriali opposti, il bene e il male. Spesso tendiamo a identificarci con una delle due parti, solitamente con chi si batte per ripristinare la giustizia e la legalità, sia esso un poliziotto sulle tracce di un serial killer o un muscoloso soldato dei corpi speciali alle prese con sgradevoli ospiti alieni.

 

La violenza nel cinema di Michael Haneke non è nulla di tutto ciò ed è più violento di tutto ciò. Il cinema di Michael Haneke esprime la violenza psicologica dei personaggi, la potenza ricattatoria di un abuso, attraverso frammenti silenziosi: una donna che prima di cenare con la madre, fra le onde di un rapporto gelido e incestuale, si attarda in bagno per infliggersi piccoli tagli nelle parti intime – accade ne La pianista -, un uomo che si recide la gola davanti a colui che alcuni decenni prima gli aveva arrecato un trauma difficilmente riparabile, è l’agghiacciante epilogo di “Niente da nascondere”, oppure gli sguardi atterriti delle vittime che in “Funny games” accompagnano le atrocità dei carnefici, raccontate non con la descrizione visiva della violenza ma con l’immersione nella paura da essa generata.

Cosa vuole comunicare Michael Haneke? A mio parere i suoi obiettivi sono molteplici; in primo luogo il regista non conclude mai con verità assolute, limitandosi a chiudere la trama narrativa e non i possibili significati che lo spettatore è in grado di costruire autonomamente. Il secondo aspetto fondamentale è il silenzio della violenza, che non viene mai utilizzata in modo strumentale.

 

La pianista (2001) di Michael Haneke TRAILER:

 

 

La violenza nel cinema di Michael Haneke

Michael Haneke scuote profondamente lo spettatore ma vi riesce mostrandogli la normalità di emozioni che chiunque potrebbe provare: rabbia, invidia, noia esistenziale, crudeltà familiare. Il trauma nasce da una violenza inaspettata eppure tremendamente vicina, da relazioni che gli attori hanno contribuito a forgiare secondo quelle modalità che si sono poi trasformate in tragedia. La violenza è presente già prima del dramma manifesto, è un sottile e latente egoismo, un cinismo sempre più capace di respingere qualunque tentativo di empatia, o nella forma più semplice, una memoria che non dimentica le ferite e investe ogni energia nella vendetta.

Nei film di Michael Haneke non possiamo prendere davvero le distanze dal male, nemmeno quando esso è puro sfogo di malvagità annoiata come in Funny games. Le nostre reazioni sono lì a dimostrarlo: non urliamo per un mostro col volto tumefatto, non guardiamo un giustiziere distante e scontato che ammazza dai titoli di apertura a quelli di coda, bensì rimaniamo raggelati da un essere umano che agisce emozioni conosciute anche da noi, probabilmente più intense e disregolate ma non differenti nell’essenza ultima.

 

Funny Games (2007) di Michael Haneke TRAILER:

 

Il nastro bianco, non a caso, tratteggia alcune linee fondamentali dell’educazione tedesca fra le due guerre mondiali, spiegandoci il processo che ha trasformato dei bambini perfettamente uguali agli altri nei peggiori criminali della storia. Ogni film di Michael Haneke sembra chiederci: cosa ne pensate? Siete così sicuri che il male abiti lontano da voi e assuma sempre forme aliene?

 

Il nastro bianco (2009) di Michael Haneke TRAILER:

 

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