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Dexter lo psicopatico e la mentalizzazione degli stati emotivi.

Dexter è uno dei personaggi meglio rappresentati sul piano psicologico, arrivando a sfiorare sfumature hichtcockiane...

Di Gianluca Frazzoni

Pubblicato il 05 Dic. 2011

Aggiornato il 06 Set. 2018 12:21

La genesi del serial killer Dexter e il suo profilo psicopatologico capace di cambiare ed evolvere.

Dexter - Immagine di proprietà di © 2011 - Showtime Da diversi anni assistiamo alla proliferazione di serie televisive per lo più americane incentrate su tematiche piuttosto ricorrenti, una delle quali, forse la più esplorata, è la criminologia. Sono ormai innumerevoli le produzioni che ci raccontano vicende poliziesche, indagini legali, ricerche di spietati assassini o intrighi nei quali si intersecano aspetti criminali e politici. Il pubblico è interessato a scoprire cosa si cela dietro l’immagine, spesso mitizzata, delle grandi organizzazioni americane contro il crimine, la Cia, l’Fbi, i dipartimenti di polizia e i nuclei investigativi che si occupano di ricostruire in termini scientifici le dinamiche dei fatti delittuosi. Naturalmente le serie tv tendono ad offrire un ritratto che conferma le aspettative degli spettatori, presentando il volto più efficiente ed energico della lotta all’illegalità.

Tra i filoni che descrivono il dietro le quinte delle attività investigative ottiene un successo costante l’indagine scientifica sulla scena del crimine. Portata alla ribalta da Csi e successivamente ripresa da molte altre serie, questa modalità utilizza i contributi di scienze come la chimica, la biologia e la fisica per interpretare il significato delle tracce rinvenute sul luogo del delitto. Per estensione, analizza i reperti che anche in fasi successive possono essere trovati in seguito a perquisizioni o a nuove scoperte investigative. Gli esami scientifici vengono poi correlati ad elementi più strettamente criminologici, ossia si cerca di ricostruire la personalità e il modus operandi del presunto assassino avvalendosi dei segni che egli ha lasciato dietro di sé.

Psicopatia - Immagine: © Gina Sanders - Fotolia.com -

I serial killer sono il soggetto preferito per molte di queste narrazioni, poiché uniscono efficacemente le due componenti considerate; l’assassino seriale tende infatti a riprodurre il proprio sistema d’azione, lasciando indizi ridondanti che sovente corrispondono ad un linguaggio il cui scopo è comunicare con la polizia, sfidarla e talvolta indicarle la strada giusta per la soluzione del mistero, allorché l’omicida coltivi il desiderio nemmeno troppo inconscio di essere scoperto e di porre termine ad una fuga emotivamente logorante che non riesce più a sostenere. Le serie tv di argomento criminologico sono spesso ben fatte, seppure in alcuni casi appaiano un po’ forzate; non è raro infatti che alcuni aspetti della trama prevalgano in misura evidente su altri, ad esempio quando gli esercizi di logica deduttiva volti alla descrizione della mente dell’assassino si rivelano troppo didascalici, soggiogati all’utilizzo di criteri diagnostici rigidamente attinti dalle classificazioni psichiatriche.

 

Oppure quando la voce della scienza diventa un percorso schematico che esclude le variabili psicologiche. Nella terra di mezzo, confermando la sentenza latina “in medio stat virtus”, si colloca Dexter, il serial killer dei serial killer. Ben pochi aspetti di questo telefilm si mostrano approssimativi: Dexter è uno dei personaggi meglio rappresentati sul piano psicologico, arrivando a sfiorare sfumature hichtcockiane.

La sua storia criminale nasce da un trauma subito nella prima infanzia, quando la madre viene brutalmente assassinata in un container ed egli assiste all’omicidio rimanendo immobile e impotente ad osservare il lago di sangue che lo bagna. Portato via da un poliziotto che diventerà il suo padre adottivo, Dexter tradisce ben presto una natura inquietante, colma di aggressività. E’ a quel punto che il padre gli insegna il Codice, un insieme di regole con le quali Dexter potrà seguire il proprio istinto omicida rivolgendolo però verso comportamenti in qualche modo riparatori. Il Codice gli impedisce di aggredire persone innocenti: nascerà così un giustiziere dei criminali, attento a verificare l’effettiva colpevolezza delle vittime prima di passare all’azione.

Come in un destino che non può non seguire precise regole, il Dexter adulto torna a convivere col sangue e non solo facendolo sgorgare da coloro che sopprime; nella vita normale di Miami, prima delle notti umide in cui cresce la brama predatoria, lavora per la polizia analizzando le tracce ematiche sulle scene del crimine. La trama si sviluppa perciò su un doppio binario: la luce del giorno e il passeggero oscuro – come Dexter definisce il proprio irrefrenabile impulso -, gli omicidi e le acrobazie necessarie a mascherarli che spesso consistono nella diretta manipolazione delle prove.

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Ciò che più di tutto affascina di questo telefilm è la raffinatezza con cui viene delineato il personaggio principale: Dexter avverte un gelo emotivo che lo rende perfetto nel compito che è chiamato a svolgere, un’incapacità assoluta di entrare realmente in relazione col prossimo. Tali caratteristiche vengono distribuite nella narrazione come un costante stillicidio, sia attraverso la voce narrante di Dexter che espone i propri vissuti nelle notti trascorse sulle tracce della vittima prescelta, sia con l’approfondimento dei normali eventi di vita: l’inizio della relazione con una donna e l’impossibilità di provare vicinanza emotiva, l’osservazione degli altri esseri umani mentre mettono in atto comportamenti di condivisione sociale che a Dexter risultano impossibili da imitare spontaneamente, il rapporto coi figli della compagna.

 

E proprio nell’apparente ineluttabilità di questo destino la serie diventa ancora più sorprendente, poiché Dexter comincia a scegliere. Comincia a ragionare su esperienze correttive reali o potenziali, l’amore lo cambia e senza seguire strade retoriche; si confronta col passato, mette in discussione le certezze imposte dal padre, sempre meno idealizzato nel corso dell’intreccio narrativo, riguardo all’immodificabilità aprioristica delle pulsioni violente, e intravede lo spazio della volontà cosciente, della riflessione su scopi alternativi.

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Intravede la necessità di proteggere la normalità che si profila all’orizzonte. Senza svelare troppo della trama si può dire che il passaggio dalla totale assenza di empatia, peculiare di una personalità psicopatica, all’emergere di un approccio caro a noi cognitivisti, nel quale la mentalizzazione degli stati emotivi contribuisce a modificarli, è tratteggiato con un rigore concettuale e una sensibilità notevoli.

 

E’ significativa inoltre la complessità evolutiva di Dexter, che non abbandona il primo stato per generare il secondo, bensì modifica il significato primario del passeggero oscuro per riuscire ad integrarlo con i nuovi desideri, i nuovi progetti esistenziali che vengono alla luce. Continua ad uccidere e sarebbe poco credibile il contrario, data la natura strutturante della patologia che lo accompagna, ma i suoi gesti attraversano uno spettro variegato di tonalità emotive e attribuzioni cognitive, lasciando spazio anche a semplici ricadute con cui egli regredisce ad organizzazioni di coscienza più primitive. Una grandissima serie, da seguire nella versione inglese per apprezzare la profondità della voce originale.

 

 

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