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Habemus Schema Therapy!

Si è svolto questo fine settimana a Roma il Workshop Internazionale sulla Schema Therapy (ST) per i Disturbi di Personalità e per il Disturbo Borderline di Personalità, condotto dal Dr. Jeffrey Young , promosso e organizzato dalla S.i.s.t (Società Italiana per la Schema Therapy),dalla ISC (Istituto di Scienze Cognitive), da Humanitas (Scuola di Psicoterapia Cognitiva Comportamentale Integrata) e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Di Simona Giuri

Pubblicato il 22 Nov. 2011

Aggiornato il 18 Set. 2013 13:24

S, Giuri, A. Brugnoni, A. Gemelli, M.P. Boldrini

Workshop Internazionale Schema Therapy Roma

Si è svolto questo fine settimana a Roma il Workshop Internazionale sulla Schema Therapy (ST) per i Disturbi di Personalità e per il Disturbo Borderline di Personalità, condotto dal Dr. Jeffrey Young , promosso e organizzato  dalla S.i.s.t (Società Italiana per la Schema Therapy),dalla ISC (Istituto di Scienze Cognitive), da Humanitas (Scuola di Psicoterapia Cognitiva Comportamentale Integrata) e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il primo giorno è stato dedicato interamente alla presentazione degli Schemi Maladattivi precoci, definiti come aspetti generali e pervasivi (che comprendono ricordi, emozioni, cognizioni e reazioni neurobiologiche) relativi sia alle valutazioni di sé sia alle relazioni con gli altri:

“Uno Schema è una struttura conoscitiva organizzata, che si sviluppa durante l’infanzia e si manifesta in alcuni comportamenti, sentimenti e pensieri (Arntz, Kuipers, 1998),(…)  si sviluppano Schemi Funzionali (sani) quando i bisogni primari di un bambino sono soddisfatti, questo permette lo sviluppo di immagini positive nei confronti delle altre persone, di se stessi e del mondo intero”.

Gli Schemi maladattivi sono 18, divisi in quattro macrocategorie:

  • Distacco e Rifiuto (Abbandono/Instabilità, Sfiducia/Abuso, Deprivazione emotiva, Inadeguatezza/Vergogna, Esclusione sociale),
  • Mancanza di Autonomia e di Abilità (Dipendenza, Vulnerabilità, Invischiamento, Fallimento), Mancanza di Regole (Grandiosità, Insufficiente Autocontrollo),
  • Orientamento all’altro (Sottomissione, Autosacrificio, Ricerca di approvazione),
  • Ipercontrollo e Inibizione (Negatività, Inibizione emotiva, Standard severi/Ipercriticismo, Punitività)

Hanno origine da esperienze negative nell’infanzia e nell’adolescenza, unite al temperamento e alle influenze culturali. Successivamente sono stati introdotti gli Stili di Coping (Resa, Evitamento e Ipercompensazione)  tre modalità con cui le persone si adattano e reagiscono all’ambiente esterno, “meccanismi che consentono di fronteggiare gli schemi disadattavi (…) di fronte all’attivazione di uno schema (che equivale a una minaccia) un individuo può reagire attraverso una di queste tre risposte: immobilità, fuga e attacco.”

Analisi Critica della Schema Therapy - Immagine: © robodread - Fotolia.com
Leggi l'articolo: "Un'analisi critica della Schema Therapy"

Probabilmente essendo già in possesso di conoscenze  sull’argomento, l’illustrazione di ogni singolo Schema è sembrata a tratti ridondante, ma fiduciosi e motivati alla scoperta, ci siamo lasciati coinvolgere in un primo esercizio immaginativo, durante il quale avremmo dovuto ricordare e immaginare, dapprima un luogo sicuro, e poi un episodio della nostra infanzia emotivamente doloroso con una figura genitoriale. Con occhi chiusi, luci soffuse e tono di voce basso del conduttore … l’aula, per dieci minuti, si è ammutolita.  Tutti a conclusione dell’esercizio si erano riconosciuti in almeno uno dei quattro primi schemi maladattivi,  che, a detta del Dr. Young, sono quelli più disfunzionali; infatti, senza ostentare imbarazzi tutte le mani si sono alzate, anche più di una volta, forse (…  speriamo) complice la stanchezza.

 

La giornata si conclude con il concetto di Chimica dello Schema (per cui le persone tendono a perpetuare uno schema all’interno delle relazioni sentimentali), fino a giungere ai concetti di Amore Amichevole e Amore Passionale, per i quali, nostra culpa, qualcuno di noi ha evidentemente agito lo schema nella propria coppia, e qualcun altro si è perso a fantasticare a mo’ di cronaca rosa.

Il secondo giorno si entra nel vivo e vengono presentati i due approcci al trattamento. Il primo è il Modello originale della ST che comprende l’intervento sugli schemi, è caratterizzata da due fasi: Assessment ed Educazione (con l’illustrazione del questionario per l’individuazione degli Schemi) e la Fase del Cambiamento che comprende quattro strategie, quelle cognitive, quelle focalizzate sulle Emozioni, quelle sulla relazione terapeutica e quelle volte alla rottura dei pattern comportamentali.

L’ultimo giorno, è stato illustrato il secondo modello, quello sui MODE (pensato per i pazienti più gravi) “modalità espressiva dello schema, è un insieme di schemi e processi che, in alcune situazioni prevale sui pensieri, sui sentimenti e sulle azioni del paziente a scapito di altri schemi”; quindi specifiche emozioni,  cognizioni e comportamenti che sono attivi nell’individuo qui e ora, uno stato predominante in cui ci si trova in un determinato momento. I mode includono qualsiasi schema, risposta di coping, reazioni funzionali attive in uno specifico momento, i pazienti passano da un mode all’altro in risposta a stimoli interni ed esterni. Si  identificano anche qui 4 macrocategorie:

  • Modalità Infantili/Innate,
  • Modalità di Coping Maladattive,
  • Modalità genitoriali non adattive
  • Modalità dell’adulto sano.
Mode - Schema Therapy - Terapia Cognitiva - © Web Buttons Inc
Leggi l'articolo: I “Mode” della Schema Therapy e la Terapia Cognitiva.

L’intervento è volto all’individuazione e condivisione con il paziente  durante la seduta del Mode attivo nel dato momento , attraverso gli esercizi immaginativi e strategie di Limited Reparenting .

 

Sono anche stati presentati i risultati delle ricerche: un Trial Randomizzato che mette a confronto la ST con la Psicoterapia Focalizzata sul Transfert  di Kenberg (A. Arntz, J. Giesen-Bloo et al., Archives of General Psychiatry , June 2006) dal quale emerge un “affidabile e significativo cambiamento” nei sintomi del DBP (66% nella ST, 43% nella TFP) quindi una maggiore efficacia, nonostante la lunghezza del trattamento; un Trial Randomizzato Controllato (Farrel, Shaw & Webber,  Journal of Behavior Therapy & Experimental Psychiatry, 2009) , dal quale emerge che alla fine del trattamento il 94% dei pazienti trattati con la ST + terapia individuale non soddisfano più i criteri diagnostici per il DBP contro il 16% dei paziento trattati solo individualmente. Risultati indubbiamente importanti, in merito ai quali lo stesso Young ha espresso dubbi sulla replicabilità.

Il tutto è stato accompagnato da audio-video di simulate che mettevano in luce le varie fasi dell’intervento.

L’obiettivo di questo resoconto, non è essere esplicativo ed esaustivo dell’intero workshop, tanto meno della teoria della ST, ma è condividere alcune riflessioni tra giovani terapeuti “cognitivisti”… e scrivo “cognitivisti”, perché la sensazione, almeno da noi condivisa in alcuni momenti,  era di estraneità: ma di quale cognitivismo sta parlando? Il Dr. Young ha detto di essere stato allievo del Dr. Beck, ma ci chiediamo,  in questi anni ha monitorato il resto del Cognitivismo Internazionale?

EABCT 2011: Arntz sulla Schema Therapy di Jeffrey Young
Leggi l'articolo: "EABCT 2011: Arntz sulla Schema Therapy di Jeffrey Young"

Prima siamo stati tacciati di razionalismo estremo, di mancanza di interesse alle emozioni dei nostri pazienti, di essere schiavi di protocolli e scadenze predefinite ma poi, quando finalmente, a ridosso di un primo video, una collega, ravvivando gli animi di noi insensibili  cognitivisti, chiede il motivo di una mancata richiesta da parte del terapeuta di quale fosse lo stato emotivo del paziente, evidentemente attivato dolorosamente, la risposta alla domanda è stata una domanda, che pressappoco diceva “Ma lei, chiederebbe ad un suo amico, che conosce bene e che sta piangendo perché sta piangendo?” asserendo che il mode della persona era stato considerato ovvio, dato che era in terapia da anni con il terapeuta del video (lo stesso Young).

Inoltre, in alcuni momenti, durante le spiegazioni accurate del modello e degli aspetti teorici che lo sostengono, la sensazione costante era di essere su un terreno a noi familiare, noto,  e di cui già pensiamo di aver raccolto  i frutti, dai fecondi e ancora floridi terreni italiani.

Da qui si sono palesati in varie zone della sala momenti di perplessità a seguito delle indicazioni che il Dr. Young ha fornito, come ad esempio sulla relazione terapeutica. Su quest’ultimo fronte la sua indicazione è stata di utilizzare interventi di self-disclosure per “familiarizzare” il paziente al terapeuta, condividendo con lei/lui vissuti analoghi alla sua esperienza, come se si dovesse fargli capire che siamo in grado di capirlo, non perché siamo psicoterapeuti professionisti, ma sulla base di una relazione tra “reduci” degli stessi malanni.

Come vedete siamo tornate a casa con tante domande (alle quali speriamo di stimolare risposte) ma soddisfatte e contente di aver partecipato all’evento, in nome anche solo dell’importanza alla formazione, al confronto e alla necessità di integrazione che ci è stata insegnata; crediamo che il Dr. Young abbia compiuto un lodevole lavoro di integrazione e organizzazione (l’unica dell’evento ?) di tecniche, contributi, teorie e strumenti, utili alla nostra pratica clinica.

Certo, una minore autoreferenzialità che ha regnato sovrana per tre giorni sarebbe stata apprezzata, tanto più che eravamo nella Capitale … “diamo a Cesare ciò che è di Cesare”.

 

BIBLIOGRAFIA:

  • La Schema Therapy per il Disturbo Borderline di Personalità, Arnold  Arntz, Hannie  van Genderen, 2009, Raffaello Cortina Editore

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