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Cellule Staminali: nuovo passo avanti, restaurando telomeri.

Di Roberta Ghiretti

Pubblicato il 04 Nov. 2011

Aggiornato il 21 Feb. 2018 11:01

Stem cell - © Elena Pankova - Fotolia.comL’elisir di lunga vita potrebbe non essere più solamente  un’utopia o un buon argomento per la trama di un film fantasy,  infatti da qualche giorno rimbalza sui quotidiani di tutto il mondo e sulle riviste di settore una notizia che ha dello stupefacente: un gruppo di ricercatori ha individuato la “pozione magica” per garantire l’eterna giovinezza.

Ma veniamo ai dettagli e per farlo partiamo dal 2007 anno in cui il gruppo di ricerca giapponese  guidato dal  dottor Shinya Yamanaka dell’università di Kyoto individuò il metodo per riprogrammare alcune cellule staminali adulte in cellule staminali pluripotenti (iPS) cioè in grado di differenziarsi in quasi tutti i tessuti di un individuo adulto. La “magia” avvenne grazie all’inserimento nel DNA originario di quattro geni chiamati Oct3/4, Sox2, Klf4 e c-Myc  espressi normalmente nelle cellule staminali.

Nonostante la grande scoperta i risultati non furono quelli sperati, infatti il protocollo non portò mai ad un riscontro positivo con cellule di persone anziane, ovviamente le più bisognose di terapie staminali. L’insuccesso sembra da attribuire alla senescenza cellulare, il naturale processo che innesca la morte della cellula (apoptosi) quando questa non è più in grado di duplicarsi correttamente a causa della degradazione della porzione terminale del cromosoma, il telomero.

I telomeri, composti da sequenze ripetute di DNA e da alcune proteine, hanno la funzione di proteggere le terminazioni dei cromosomi impedendone la degradazione progressiva e quindi il rischio di perdita di informazione a cui si andrebbe incontro ogni volta che essi si replicano. Di contro, fungendo da capsula protettiva, tendono a degradarsi loro stessi ogni volta in cui avviene il processo di mitosi (duplicazione cellulare); si pensa quindi che essi agiscano come una sorta di orologio biologico: quando viene raggiunto un numero massimo di mitosi, e la la cellula risulta troppo vecchia per essere mantenuta in vita, prende allora la via dell’apoptosi.

Ed è qui che entra in gioco l’équipe del dottor Jean-Marc Lemaître dell’Istituto di Genomica Funzionale dell’Università di Montepellier. L’innovazione rispetto allo studio giapponese è consistita nell’aggiungere alle cellule adulte, oltre ai quattro geni standard, due nuovi elementi, ovvero i fattori di trascrizione NANOG e LIN28, proteine in grado di legarsi al DNA regolandone l’espressione.

In sintesi i fattori di trascrizione hanno contribuito a restaurare i telomeri, a modificare l’espressione di alcuni geni, e ad abbassare il livello di stress ossidativo promuovendo il funzionamento dei mitocondri (organelli in cui si genera l’energia di cui necessita la cellula per funzionare).

La nuova formula magica ha permesso di cancellare i marcatori dell’età delle cellule creando cellule staminali pluripotenti in grado di produrre cellule funzionali di ogni tipo capaci di proliferare e vivere a lungo, tutto questo partendo da cellule di donatori anziani con un range di età dai 74 ai 101 anni.

Traducendo il tutto in applicazione pratiche questa nuova scoperta permetterebbe un enorme balzo avanti nella cura di malattie neurologiche come le varie demenze, in primis la Malattia di Alzheimer, ma anche Parkinson, diabete, artrosi e molte altre patologie comuni nell’anziano.

Per diventare dei futuri hightlander però bisognerà avere  prima avere una bella dose di pazienza, passare dalla teoria alla pratica iniettando nei pazienti cellule ripotenziate richiede tempi lunghi, le prime applicazioni mediche arriveranno infatti all’incirca fra vent’ anni…nell’attesa procursarsi un buon antirughe.

 

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